Ci sono dei casi in cui per le mamme in gravidanza si rende necessaria l’induzione del travaglio. Scopri quando può essere la soluzione.
Per anni a scuola e nelle conversazioni fra parenti abbiamo sentito ripetere quasi fosse un dogma che la gravidanza dura nove mesi dal concepimento. Proprio in base a questa stima le future mamme iniziano a segnare i giorni sul calendario, magari giocando a prevede il compleanno del loro bambino. I ginecologi, per essere più precisi, parlano di una media di 40 settimane.
Può capitare però che anche trascorso questo periodo, quando ormai la pancia rende difficile camminare, non succeda nulla. I giorni passano, i genitori tremano a ogni piccolo crampo all’addome, ma le acque non si rompono e non iniziano le contrazioni. Se può rassicurare pensare che a volte i bambini nascono in ritardo, è il caso di fare qualche controllo.
Una permanenza prolungata del feto nel corpo della madre infatti aumenta il rischio di morte intrauterina. Verso la fine della gravidanza la placenta infatti inizia a perdere la sua efficienza rischiando di non fornire al bimbo l’ossigeno e i nutrienti necessari per tenerlo in vita. Per questo ci sono situazioni limite in cui si rende necessario indurre il parto alla madre.
Quando è necessaria l’induzione del travaglio
Qualche giorno di attesa in più rispetto alla data presunta per il parto non è motivo di allarme, soprattutto se si tratta del primo figlio della coppia. Se la gestazione supera le 41 settimane però i rischi per la salute del bambino si fanno concreti. A questo punto non si passa direttamente all’induzione perché prima si tenta una procedura chiamata scollamento delle membrane.
Come suggerisce il nome la finalità è quella di separare il sacco amniotico dalla cervice. Non richiede di somministrare farmaci perché il ginecologo lo può effettuare manualmente durante la visita. Se neanche lo scollamento sortisce effetti entro 24 ore si passa allora all’induzione del travaglio vera e propria, previo consenso della madre.
Uno dei metodi più utilizzati per stimolare il parto prevede l’inserimento nella vagina di una garza imbevuta di prostaglandine. Questi ormoni sono prodotti anche dal corpo della madre e hanno la funzione di ammorbidire il collo dell’utero quando arriva il momento del parto. Dopo l’applicazione della garza la madre può provare a muoversi, restando monitorata.
In alternativa esiste anche una procedura non farmacologica per l’induzione del travaglio, che sfrutta uno stimolo meccanico. Si procede inserendo con un tubicino nel collo dell’utero, fa riempire con soluzione salina per farlo gonfiare. La pressione esercitata da questo “palloncino” stimolerà infatti la dilatazione della cervice.